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poscia lo promosse a quell’alto ufficio, mandandogli il cappello cardinalizio, che il Laurerio ricevette dalla mano di Pier Luigi Farnese, duca di Parma e di Piacenza. In appresso lo nominò Cardinal Prete col titolo di S. Marcello, e, a significargli in quale stima lo avesse, gli conferì la carica di vescovo di Urbino e di legato di Terra di lavoro.

Il Laurerio prima di essere assunto alla dignità di cardinale avea insegnato filosofia, matematica e teologia in Perugia, Bologna e Roma, e predicato nelle principali città d’Italia, acquistando fama di uno dei maggiori oratori sacri dei suoi tempi, e però, a malincuore, dopo che indossò la sacra porpora, pose in abbandono tali esercizi che gli aveano procacciata in tutta Italia una sì bella nominanza.

Ma sebbene coll’ascendere alle supreme dignità ecclesiastiche, avesse dovuto il Laurerio mutare l’antico tenor di vita, e modificare alquanto la semplicità dei suoi costumi, pur non ostante ritenne sempre il governo dell’Ordine religioso, di cui da giovinetto avea vestito l’abito, e al quale avea posto grandissimo amore.

Egli morì in Roma ai 17 settembre del 1542, e fu sepolto nella chiesa di S. Marcello. Le più minute notizie della vita di Laurerio leggonsi nel Filiuccio e nel Gianio, che compilarono gli annali dei Serviti, in Andrea Vittorelli e nel Ciaccone, che scrissero le vite dei pontefici, nel Cabrera e nella Cronologia di Mario della Vipera.

Nell’anno 1497 sortì i natali in Benevento Bartolomeo Camerario, primo fra gli interpreti del dritto feudale, a cominciare da Andrea d’Isernia. Frutto degli assidui suoi studii fu la correzione dell’opera di Andrea d’Isernia, guasta dalla incuria degli amanuensi, che venne da lui eseguita coll’aiuto di 30 codici raccolti con somma cura, e in cui cercò di seguire l’edizione tedesca.

Sparsa ovunque la fama della sua gran dottrina, fu chiamato in Napoli, ove con larghi assegnamenti dettò lezioni di dritto feudale, e fu nominato Presidente della Camera Summaria per le cause fiscali. Ma divenuto avverso al Vicerè Pietro Toledo, si recò in Ispagna da Carlo V