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mente una parte delle schiere di Renato in Benevento. Pero gli fallì il tentativo, e il pontefice, mosso a giusto sdegno per un tale attentato, sostituì al Ratta l’arcivescovo Bartolomeo Roverella di Ferrara per governadore di Benevento e per suo legato a Ferdinando, e lo elevò indi a poco alla dignità di cardinale. Ma non fu solo il Ratta a cospirare contro il re Aragonese, ma si cooperarono sottomano in favore del duca d’Angiò, come attesta Gioviano Pontano scrittore di quella guerra, e Busillo del Giudice, che fu governadore di Benevento per il re Alfonso, anche altri cittadini, e segnatamente Giovanni Cossa che seguì Renato in Provenza, allorché Alfonso occupò Napoli.
Il re Renato nel 1462, mediante i suoi legati, tentò di piegare il pontefice a desistere di caldeggiare i dritti di Ferdinando, ma il pontefice non solo si tenne saldo nel rifiuto, ma gli rampognò e il tentativo di Giovanni Cossa, per togliere all’ubbidienza di Roma la città di Benevento, e la malvagità di Pier Giovanni Cantelmo, suo signore, il quale contro la data fede avea fatto trucidare il castellano di Benevento.
Nel 1462 il cardinale Roverella, che reggeva Benevento, contribuì potentemente alla decisiva vittoria che Ferdinando riportò sugli Angioini nel 18 agosto di quell’anno dopo di che Renato fece per sempre ritorno in Provenza.
E fu qualche giorno prima della decisiva battaglia, la quale diede termine alle pretese del duca d’Angiò, che accadde la notissima guerra dei nibbi e corvi, accennata da molti storici, e descritta minutamente e con molta eleganza dal Pontano. Si vide nella campagna che giace tra Apice e la città di Benevento, giungere da una parte una gran moltitudine di nibbi, e dall’altra un vero nuvolo di corvi, che si azzuffarono insieme. Sulle prime i nibbi riuscirono vincitori per virtù delle loro ugne acute e ritorte, ma dopo pochi giorni apparvero nuovamente i corvi, e in maggior numero, per essere andati in traccia di alleati, e da capo si azzuffarono coi nibbi da cui erano stati attesi. E dopo lunga pugna furono messi in fuga i nibbi, e i corvi vittoriosi calando poi