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CAPITOLO V.


Fra le tante vicissitudini e sciagure che nella prima metà del secolo XIV travagliarono la chiesa romana per le cupide mire dell’imperadore Ludovico il Bavero, tanto ostile al pontefice Giovanni XXII, e lo scisma che ne seguiva, nonchè per le turbolenze suscitate dal famoso Cola da Rienzo, e l’ambizione dei più potenti baroni romani — onde fu diviso in molte piccole signorie l’ampio dominio pontificio — Benevento si tenne sempre fida ai pontefici romani, e solo tentò più volte di scuotere l’aspro giogo di qualcuno dei suoi rettori. Quegli che primamente tenne in Benevento nel secolo XIV la rettoria fu Guidone de Pileo, a cui successe Ugone de Laissaco nel 1316, il quale per il suo sregolato governo incorse talmente nell’odio dei beneventani, da indurli al disperato partito di circondare il palazzo a mano armata per fargli oltraggio, e ad esso seguirono i rettori Guglielmo de Balaeto ed Arnolfo Marcellino.

Ma siccome il popola spesso insorgeva contro i Rettori, i quali dal 1077 in poi ebbero la loro residenza nello splendido edificio che fu già la reggia dei principi longobardi; così il Pontefice Giovanni XXII, scorgendo che per i frequenti tumulti popolari quell’antico palagio non era più atto alla difesa dei Rettori, ordinò nel 1321 al rettore Guglielmo de Baleato che avesse fatto trasferire nel chiostro di S. Pietro la monache, che nel monastero di S. Maria di porta somma abitavano, e che avesse edificato in quel sito una forte rocca per sicuro ricovero non men suo che de’ suoi successori nella rettoria di Benevento. La lettera con la quale si emise un tal provvedimento fu scritta in Avignone, come risulta dalla data, e nel tomo 514, N. 14 dei volumi della Biblioteca popolare conservasi originalmente.

E da quell’epoca sino al 1860 quella rocca con l’attiguo palagio servì sempre all’uso a cui fu destinata nella fonda-