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matura, sotto gli auspicii di un prode e leale sovrano, non più diviso di voglie dal popolo italiano, ma concorde a riporre il massimo de’ beni nell’unità e nell’indipendenza della sua patria.


CAPITOLO VI.


Dopo la riportata vittoria, Carlo d’Angiò entrò con le sue milizie nella città di Benevento, che fu occupata senza alcun fatto d’armi; dacchè i cittadini si tenevan sicuri che, come città pontificia, niuna offesa le potesse derivare dal vincitore. Ma furono crudelmente delusi nelle loro speranze, poichè le schiere francesi, calde ancora della vittoria, avvedendosi che il re Carlo, come quegli che avea in odio i beneventani per la loro fedeltà a Manfredi, era risoluto di serbarsi indifferente sui loro eccessi, si diedero a predare la città in tutti i punti, e in poco d’ora la empirono di uccisioni, nè v’ha crudele atto ed inumano a cui non trascorressero con gioia selvaggia. E non paghe del saccheggio della città, e di averne abbattute le mura, misero a ruba i sobborghi, e infierirono sui loro abitanti. E il re Carlo tutto ciò vide e permise, per punire i beneventani della loro devozione a Manfredi, il quale avea posto molto amore a Benevento. E anzi, come scrive il Macchiavelli nelle sue istorie, Manfredi ebbe dal padre il titolo di duca di Benevento.1 E le crudeltà commesse in tale occasione dall’armata di Carlo in Benevento fan fede di quanto vadano errati quei patrii scrittori i quali ritennero che Manfredi non credendosi sicuro in Benevento, per aver trovato quivi avversa la fazione prevalente, traesse coll’esercito alla volta di Lucera, allorchè, scontratosi con le schiere francesi, gli fu forza suo malgrado perigliarsi in una battaglia campale.

  1. Federico II lasciò in Isvevia Corrado suo figliuolo, ed in Puglia Manfredi, nato di concubina, il quale avea fatto duca di Benevento Macchiavelli, istorie fiorentine libro I.