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suo accampamento, il quale non era stato tolto e giaceva prossimo alla città, e non lontano dal Calore. E dal suo accampamento Carlo d’Angiò trasmetteva al papa la seguente lettera: «Domenica 28 febbraio fu trovato tra gli uccisi il cadavere nudo di Manfredi. Per allontanare ogni errore e dubbio in cosa di sì gran rilievo, feci mostrare il cadavere al conte Rinaldo di Caserta, mio fedele, ai conti di una volta Girolamo e Bartolomeo, e ai fratelli Leo, come anche ad altre persone che con Manfredi ebbero legami e rapporti personali. Tutti costoro lo riconobbero, e dichiararono esser quello indubbiamente il cadavere di Manfredi. Spintovi dal sentimento di natura ho fatto quindi seppellire il morto con onore, ma senza cerimonie ecclesiastiche». Ed il Gregorovius, riportando questa lettera, asserisce che Carlo d’Angiò fece seppellire con deliberato proposito la spoglia mortale di Manfredi lì presso, vicino alla città, in presenza di moltissimi testimoni, a eliminare il sospetto che il re svevo non fosse morto, poiché a lui sarebbe riuscito pericoloso che si fosse supposto vivo Manfredi e non anche vinto.
Però non è meno lontana dal vero, per quanto parmi, l’altra opinione, derivata dalla tradizione popolale e accolta anche dal Gregorovius, che cioè la gran mora dei sassi sui mortali avanzi di Manfredi si fosse elevata presso il ponte Leprosi. E ricordo che io stesso confermai il Gregorovius in un tale errore quando non ancora mi ero occupato di proposito di tale questione.
Ma a dimostrare l’origine di questa tradizione, e quanto essa sia infondata, basteranno, io credo, pochissime osservazioni.
Carlo d’Angiò giunse in Benevento per la via latina, la quale metteva capo al ponte rotto, mentre Manfredi qualche giorno innanzi vi si era recato per la via Appia. Ed è indubitato che appena ei vide apparire sui monti le insegne nemiche, mosse incontro ai francesi, per non dar tempo ad essi di prendere riposo. Infatti gli scrittori attestano che Manfredi passò un ponte ch’era sul Calore, e fece poi sfilare la cavalleria contro il nemico. Ma se il bel ponte che