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potea accadere nella pianura di Roseto o nella contrada di S. Maria della Grandella tanto discoste dal fiume, perchè ivi i fuggenti avrebbero trovato lo scampo in quella lunga distesa di campagne che si prolungono sino al torrente Tammaro verso Paduli. Laonde il Meomartini dopo un accurato studio topografico conchiude che la battaglia avvenne su la bellissima pianura, la quale, divisa dalla città dal solo fiume, si estende sino al vallone di Malecagna ad occidente, e alla contrada Fachiano a settentrione. Ed io benchè inchinato ad ammettere per vera l’opinione degli antichi cronisti, pur tuttavia non intendo escludere addirittura la ipotesi del Meomartini, poichè per la incompiuta notizia dei luoghi potettero errare gli antichi storici e cronisti nell’indicare la contrada ove si decisero i destini della casa sveva.

Più ardua alquanto è la quistione che cade sul ponte, presso il quale fu seppellito Manfredi. Il Borgia ed altri scrittori credettero che Manfredi fosse stato sepolto a capo del ponte Valentino. E a sostenere siffatta opinione, essi argomentarono in tal modo. Ai soldati fuggiaschi dell’esercito di Manfredi, affine di refugiarsi in Lucera, ov’era il presidio dei fidi saraceni, fu forza di prendere la strada di Foggia. E siccome Carlo d’Angiò, a ricordanza della sua vittoria, fece costruire un monastero nella contrada denominata S. Marco, come il Minieri, il Riccio, e del Giudice certificarono con l’aiuto di varii documenti, così, secondo questi scrittori e diversi antiquarii, la battaglia cominciata nella pianura di Roseto, e continuata via via avrebbe avuto termine sulla strada di Foggia, in prossimità del ponte Valentino, ove fu appunto seppellito Manfredi. Ma io non credo che si possa seriamente ammettere una tale opinione, la quale, o che io m’inganni, è fondata su mere congetture, ed è contradddetta dai fatti. E quindi tenterò dimostrare che Manfredi fu sotterrato accosto al ponte che era in quel tempo sul Calore, nella contrada che si dice Pantano, ed ove si scorgono tuttora i suoi ruderi uscenti dal letto del fiume, con lungo muraglione di costruzione romana, per cui i beneventani lo chiamano ponte rotto.