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Roffredo Epifanio, il più gran giureconsulto dell’età sua, nato dalla nobile famiglia Epifanio, che trae la sua origine dai principi longobardi di Benevento, venne in tanta reputazione che nella corte di Federico II, di cui era giudice generale e supremo consigliere, non gli era disputato tra i dotti il primo luogo. Egli apprese le leggi nella celebre accademia di Bologna, dove a quei tempi conveniva il fiore della gioventù italiana, e v’ebbe a maestri Odofredo, che ne fu poi l’encomiatore, il Ruggieri, uno dei primi chiosatori delle Pandette, Azone, venuto in molta nominanza per la sua scuola, Kiliano, Ottone Papiense e Cipriano, celebrato legista. E apparve tanto mirabile l’ingegno di che fece prova sin dalla più tenera età, e fu tale la rinomanza che si procacciò quasi ancora discepolo, che nella stessa città di Bologna insegnò pubblicamente il dritto. Nel 1215 passò in Arezzo a interpretarvi le leggi.

Fra i suoi discepoli si distinse sopramodo Rossano, o, secondo altri, Federico, ancor esso beneventano, che fiorì nel 1220, e che compose un trattato sul duello diviso in XII quistioni. Da Arezzo Roffredo, dopo alcuni anni, si trasferì in Benevento, dove per un segnalato onore fu ammesso tra i giudici, e quivi acquistò una casa con torre per una non tenue somma, come rilevasi da una scrittura pubblicata in pergamena che si vede nell’archivio di Loreto di Montevergine.

La fama del suo vasto e profondo sapere si divulgò da per tutto; sicchè Federico II, che avea posto tanto amore agli uomini illustri, i quali ai suoi tempi fiorivano nel mezzodì d’Italia, lo chiamò in Napoli a presiedere la Corte di giustizia con la qualità di giudice. Roffredo Epifanio nell’adempiere a un tale ufficio fece prova di tanto sapere da togliere il primato a qualunque altro giureconsulto dell’età sua. Haus, principe dei moderni criminalisti, scrisse nel primo volume del suo dritto penale Belgico, che «fra i criminalisti il più rinomato glossatore è da ritenersi Roffredo morto nel 1243, che grandemente contribuì ad introdurre nei tribunali secolari la procedura inquisitoriale, dimostrando nei suoi libelli de iure pontificio che questo modo di procedere era fondato