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arresi, e si tenessero fortissimi a Nola, e ne’ monti più ardui del Sannio.

Fu allora che i tribuni Plauzio Silvano e Papirio Carbone, estendendo gli effetti della legge Giulia, accordarono la cittadinanza anche agli iscritti alle città federate, il qual dritto fu conquistato dall’Italia con la perdita di forse 300 mila cittadini, periti nella lunga e sanguinosa guerra sociale.

Tuttavia la pace non fu durevole nel Sannio, imperocchè essendosi riaccesa la guerra civile tra Silla e Mario, questi seppe scaltramente tirare alla sua parte i Sanniti, i quali sotto il comando dell’arditissimo Ponzio Telesino trassero in suo aiuto, e, distruggendo interamente un esercito romano condotto da Plautio, contribuirono non poco a far prevalere il partito di Mario.

Intanto Siila, cupidissimo di vendetta, tornava in Italia con l’agguerrito e potente esercito col quale avea debellata l’Asia, e dopo aver rotto sul Volturno, al piede de’ monti Tifati, il console Norbano, e fatto suo a Teano l’esercito di Scipione, marciò animoso contro Mario il giovane, che fu eletto console dopo la morte del vecchio Mario, che i rimorsi e i terrori uccisero al primo annunzio del ritorno di Silla dall’Asia. Silla dopo una prima vittoria, che fu seguita da immani crudeltà, potè bloccare in Preneste il giovane Mario, ove questi erasi refugiato con poca truppa, ma un’oste di 70 mila uomini tra Sanniti e Lucani capitanata da Caio Ponzio Telesino, Lamponio Lucano e Gutta Capuano trassero a liberarlo.

Silla occupò subito una stretta gola, per cui i Sanniti aveano il passo a Preneste, ma Ponzio allora, avvedutosi del pericolo, mutò parere, e, inducendo gli altri a secondarlo, lasciò Preneste a sinistra e mosse con grand’animo contro Roma. Ed è fama che la mattina del 1º novembre 672, contemplando da una prossima altura la superba dominatrice d’Italia, prorompesse in queste parole: Ecco la terra dei lupi rapitori di nostre libertà; finchè non sia distrutta, non avvi salute per noi.