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spensione delle ostilità. E Roma, non credendo i Sanniti disposti a riprendere le offese, non esitò a rinnovare l’antico accordo con questo che dovesse il Sannio riconoscere l’alto dominio del vincitore.

Intanto i Sanniti che aveano accettati, stretti dalla necessità, le dure condizioni della pace, per avere agio a mettere su una nuova armata, non desistevano dal procacciare nuovi nemici a Roma, istigando sopra modo gli Etruschi, che prontamente risposero all’appello dei Sanniti, i quali non esitarono a violare i patti dell’accordo. Ma in quella che i consoli deliberavano in qual modo dovessero dividersi le forze per guerreggiare nel Sannio e nell’Etruria, sopravvennero i legati Etruschi a dimandare la pace; sicchè tutta la grande oste romana, senza essere distratta in altre imprese, piombò sulle terre sannite, vogliosa di por fine in breve tempo alla guerra.

Fabio Massimo avviossi alla volta di Sera, e Decio a quella di Teano, e amendue congiunsero le loro forze ai confini del Sannio. Ed essendosi avveduto il console Fabio che i nemici occupavano una segreta valle, per la quale avean disegnato di piombare sulle legioni romane, si avanzò con la fanteria innanzi ai Sanniti, i quali, deposta la speranza di vincere con inganno il nemico, dovettero avventurarsi a una battaglia, che in prima parve assai dubbiosa, per cui Fabio, riponendo ogni speranza di vittoria nella cavalleria, fece sì che i suoi cavalli prontamente dessero dentro alle schiere nemiche. Ma il doppio assalto non atterrì punto i Sanniti che seguivano francamente a combattere, finchè Fabio, divisando di vincere con astuzia i nemici, propagò fra i combattenti che l’esercito di Decio era giunto a rendere più sicura la vittoria. Una tal voce infuse novello ardimento ai Romani e scemò di tanto la fiducia dei Sanniti, che, a non essere tolti in mezzo dalle due armate, presero la fuga, lasciando sul campo assai bandiere in potere del nemico. Nello stesso tempo i Pugliesi, che tentarono innanzi la battaglia di congiungersi ai Sanniti, vennero alle mani con l’altro console presso Malevento, e anche essi furon rotti, e impediti di soccorrere efficacemente i Sanniti.