Pagina:Isernia - Istoria di Benevento I.djvu/62


— 53 —

a interrogarlo, n’ebbero per risposta che passassero tutti i Romani a fil di spada. Fece specie ai Sanniti l’pparente contraddizione delle due risposte, e indussero il vecchio Erennio a recarsi nel campo. Quegli aderì ai loro desiderii, e prese bellamente a dimostrare che nelle condizioni in cui versava il Sannio, facea mestieri o rimandare liberi e senza oltraggi i Romani, o trucidarli senza pietà; poiché nel primo caso sarebbe ad essi riusciuto agevole acquistare con sì magnanima azione la benevolenza del Senato e del popolo romano, e conseguire una pace durevole e decorosa, e nell’altro caso si renderebbe impossibile per qualche tempo a Roma di continuare la guerra.

Ma ai Sanniti non andò a sangue nè l’uno, nè l’altro consiglio, ritenendo il primo troppo mite, e il secondo snaturato, e si attennero a quelle timide, e, direi quasi, ammezzate risoluzioni che non approdano a nulla, e partorirono sempre la rovina degli stati. Essi acconsentirono che i vinti tornassero liberi a Roma, ma con questo che, deposte le armi, passassero sotto il giogo, sgombrassero dalle terre Sannite, richiamassero le colonie stanziate nelle terre usurpate, contraessero alleanza coi Sanniti, come si suole tra nazioni uguali, e che infine lasciassero per ostaggio seicento cavalieri per rispondere dell’osservanza del trattato.

E i Romani, cui non si dava altra via di scampo, accettarono tali condizioni, le quali, per altro, poste le consuetudini dei tempi, non avrebbero potuto essere tacciate d’ingiustizia. I consoli e i soldati in tal guisa addivennero segno alla maggiore ignominia che giammai macchiasse le aquile Romane. Tra gli scherni e gli urli del vincitore uscirono seminudi da quel luogo d’infamia, e senza che niuno osasse levare pur l’occhio in viso al compagno, fecero silenziosi la via di Capua, e, poiché non dava ad essi il cuore di entrare di giorno in città, si gettarono sul suolo, e in tal modo attesero che la sera avesse diffuse le prime tenebre sul creato.