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guati premii al valore, alla virtù, e ad ogni nobile azione eseguita in prò della patria. Laonde nel Sannio non era in balia dei padri eleggere, a seconda delle loro brame, lo sposo alle proprie figlie, e ai giovani di torre a lor talento la propria consorte; poichè, come riferisce Strabone, il governo volle far uso del dritto di destinare in tempi prefissi dieci delle più avvenenti e culte donzelle ad altrettanti giovani virtuosi, e che aveano meglio meritato dalla patria. E perciò un tal sistema (Quadri, Italia antica) fu il solido fondamento della prosperità degli individui, e della grandezza e potenza della nazione; per cui, a rendere più solenni le nozze, in ogni primavera il popolo costumava di convenire nei campi Marzii presso Boiano, e tra i suoni e i canti, frammezzati alle invocazioni dei sacerdoti, si celebravano i matrimonii.

Con tali istituzioni non è a meravigliare se i Sanniti avanzarono in civiltà tutti gli altri popoli d’Italia, e se per dovizia e potenza sovrastavano agli stessi Romani; però ad essi facea difetto l’unità politica, e non mai tutti gli stati del Sannio intesero concordemente a combattere il comune nemico per conservare la patria indipendenza. Senza di ciò non è a dubitare che la potenza di Roma sarebbe stata sul nascere crollata, e l’aquila latina non avrebbe steso il volo sull’intero universo. Tuttavia le repubbliche sannite, sebbene divise d’animo e di consigli, e spesso tratte in inganno dalla scaltrezza degli avversari, pur fecero testa per quasi un secolo alla prepotenza dei Romani; i quali non si tennero sicuri che sol quando videro per opera di Silla compiuto il totale esterminio dei Sanniti, del quale scrisse Anneo Florio: «ita ruinas ipsas urbium diruit, ut hodie Samnium in ipso Samnio requiratur; nec facile appareat materia quatuor et viginti triumphorum», e allora soltanto potettero, fidenti nella loro fortuna, e senza molti ostacoli estendere le loro conquiste dall’Orto all’Occaso.