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cendo stima che fosse stato indispensabile un esempio, affine di porre un freno alla cupidigia e corruzione dei magistrati, ordinò che il giudice venale fosse appiccato in mezzo a quei ladri. E sarebbe bastante questo solo fatto a giudicare con quanta saviezza Arechi resse gli stati e i popoli commessi al suo governo.

Morto Arechi nell’anno 641, non fu adottato il suo consiglio di eleggergli per successore uno dei suoi nepoti in cambio del figlio Aione, poichè i longobardi beneventani ambivano di serbarsi indipendenti; e perciò elessero a duca Aione, non ostante il turbamento delle sue facoltà mentali, e anche i fratelli adottivi di Aione gli resero volentieri ubbidienza. Ma il suo regno non durò che un anno e cinque mesi, poichè ebbe a soggiacere in una giornata campale combattuta contro un’armata poderosa di Slavi nel 642. Costoro dalla nativa Dalmazia veleggiarono in Italia, e, dopo avere invase molte contrade, si attendarono presso Siponto, città principalissima della Puglia. Aione, messo alle strette, deliberò d’imprendere una campagna contro gli Slavi, e, seguito dai suoi fratelli, trasse con molte schiere in aiuto della assediata città, e le due armate attelaronsi l’una a fronte dell’altra.

Gli Slavi, secondo una loro antica consuetudine, avean cavato appo gli alloggiamenti alcune fosse prosonde, coprendole a fior di terra, per modo che ad essi soli, scaltriti in tali astuzie di guerra, riusciva agevole schivarle. Ora accadde che mentre il duca Aione era un giorno alle mani con alcune squadre di Slavi, queste, simulando di fuggire, e volteggiandosi destramente, lo condussero ov’era il lor campo, e l’infelice, che non si guardava dalle insidie, diede col cavallo in una di quelle fosse, e, circondato per ogni dove da nemici, fu morto con diversi colpi. Poco dopo sopravvenne Radoaldo a capo di elette schiere, ma vedendosi a gran pezza inferiore agli schiavoni per numero di combattenti, li tenne a bada per qualche tempo, entrando con essi in trattative di pace, e, per meglio trarli in inganno, parlò nella loro lingua che avea da giovinetto appreso nel Friuli, sua