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riano, gli antichi sacravano are alla febbre, alla tempesta e persino alla demenza».

E, come ebbe luogo tra gli altri popoli idolatri, si tenne viva eziandio in Benevento la fede agli augurii, e fu perciò sondato quivi il Collegio degli auguri. L’ufsicio di costoro consisteva nel divinare le cose future, e furono denominati allgures ed augurium fu detta ogni loro predizione. Essi d’ordinario dal volo e dal canto degli augelli traevano i loro responsi, ai quali davano tanta credenza i Romani, che non fu mai volta che entrassero in battaglia, se prima gli auguri non avessero preconizzata ai loro eserciti la vittoria.

Ma la religione degli antichi popoli, e sino a un certo punto anche il lor grado di coltura, si argomenta principalmente dai riti funebri e dalle loro tombe. I gentili inumavano i cadaveri nelle campagne, e i loro sepolcri erano fabbricati di mattoni e lavorati a modello di casse di legno, e quelli poi che volevano apporvi le iscrizioni faceano erigere nella sotterranea sepoltura un gran pezzo di pietra lavorato da tre facce a foggia di piedistallo. E su questi piedistalli collocavasi un altro pezzo di pietra lavorato a foggia di quadro di basso rilievo da rappresentare il defunto, come può desumersi dai tanti quadri che vedonsi incastrati nei muri di Benevento, i quali, come tuttora si scorge, non contenevano che effigie di persone.

Costumavasi ancora, insieme ai cadaveri, deporre nei tumuli alcune lucerne con certo grasso o altra materia oleosa, e queste lucerne, di cui non poche, finamente lavorate, erano di marmo pario, presentavano per lo più la forma di cassette triangolari, e n’era copiosissimo il numero in Benevento, benché dopo il tremuoto dell’anno 1668 sieno tutte per lo più andate a male. (Verusio).

Non pare che avessero un chiaro concetto della vita futura gli antichi popoli che abitarono Benevento, come risulta da varie iscrizioni, e specialmente dalla seguente epigrafe riportata dal Garrucci.