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CAPITOLO XVII.


Prima di chiudere l’importante periodo storico della colonia Romana in Benevento, credo necessario trattare almeno di volo delle credenze religiose dei beneventani prima che abbracciassero il cristianesimo.

Gli antichi abitatori di Benevento, non dissimili, su ciò dagli altri gentili, idoleggiarono varie divinità, alle quali offrivano incensi e sacrifizii. Coloro che ammisero essere stato Sannio Sabino il fondatore di Benevento1 sostennero che egli adorava un simulacro del Dio Benevento con giovanile e giulivo sembiante. Plinio nel cap. 8 del libro 34 della storia naturale lasciò scritto che il Dio Benevento era dipinto con nella destra una tazza, e nella sinistra una spiga ed un papavero, con le quali cose gli antichi intesero significare la felicità, essendoché la spiga e la tazza non altro indicano che l’abbondanza, e col papavero che insonde nelle membra l’invocata dolcezza del sonno, allusero ai placidi riposi dei felici abitatori di queste ubertose contrade. E di questo Dio Benevento fa menzione un’iscrizione che mezza infranta e cancellata si scerne intagliata in un arco del ponte di Calore. I tanti scrittori i quali accettarono senza esame la tradizione che Diomede avesse fondata, o meglio riedificata, Benevento asserirono che a propiziarsi la Deità di Venere, irata ai popoli greci, Diomede la dedicasse a Venere, appellata Ericinia dal monte Erice, ov’ebbe tempii ed incensi. E benché nelle nostre iscrizioni non ci sia ricordo di lei, tuttavia ci avanza una bel-

  1. Una tale opinione non credo che sia di così lieve momento, come per avventura potrebbe parere ad alcuni, poiché nei più antichi diplomi dei duchi di Benevento, che si conservano nel nostro Archivio Arcivescovile, si leggono le parole «Samnium hodie Beneventum», e dai frammenti inediti di Alsonso de Biasio si rileva che i longobardi aggiustarono fede a una tale opinione, e la ritennero per la meno infondata, E a quei tempi erano certamente più fresche le patrie tradizioni.