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il lavorio affatto simile alle colonne e ai marmi della cattedrale che sono avanti del tempio Capitolino. Queste ragioni, conchiude il Nicastro, inducono a credere che l’antico tempio di Giove Capitolino, tolto al rito etnico, fosse stato dopo molti secoli trasformato in tempio cristiano, poiché non ignorasi che nei primi tempi della Chiesa mutarono i cristiani in sacri templi moltissimi dei delùbri pagani. Non si pretende certamente dimostrare che il presente sia l’antico tempio, ma pare per lo meno probabile che, distrutto più volte dai tremuoti, sia stato poi sempre rifatto sull’antiche fondamenta con gli stessi marmi, e conservando il medesimo disegno.

Di Veidio Pollione scrissero Tacito, Seneca e Livio, ed è quasi concorde opinione degli scrittori che sortisse i natali in Benevento, come ci è anche attestato da più d’una iscrizione che ancora abbiamo. Egli abusò del favore di Augusto col promuovere ai primi onori uomini affatto indegni, e a lui unicamente deve attribuirsi l’abuso che nell’ordine senatorio, pretorio ed equestre, e in tutti i magistrati di Roma e dell’imperio si videro ammessi altresì i libertini, locchè per lo innanzi non erasi mai avverato. Pollione, come si crede comunemente, fu quegli che fece consacrare un edifizio pubblico detto Caesareum al culto di Augusto, e ciò denota che questi anche in Benevento ebbe ancor vivo gli onori divini dalla adulazione dei suoi amici. La fabbrica non fu anteriore al 727, nel qual anno il Senato onorò Ottaviano del soprannome di Augusto.

Era detta Curia appo gli antichi il luogo ove il Senato e l’ordine dei decurioni si convocava a trattare la cosa pubblica, e prendeva un tal nome a cura, ossia a curando. Le Curie presso gli antichi furon due, sacra l’una, e l’altra profana: quella serviva per uso dei pontefici, questa del Senato. La Curia dei decurioni in Benevento si apriva nel luogo che ai dì nostri si dimanda Piano di Corte, in cui in processo di tempo si vuole che i principi di Benevento avessero eretto il loro palagio. In qualche antico cronista di cose patrie si legge che nel detto luogo non fu mai la Curia, ma sibbene