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insolita pompa. Ciò si desume dal seguente brano di Tacito, Ann. XI: «Petiturus maris Hadriae traiectus apud Beneventum iterum consedit, ubi gladiatorum munus a Vatinio celebre edebantur». Chi fosse questo Vatinio cel descrive con maestri colori lo stesso Tacito, e a me parrebbe commetter fallo se non ne riportassi le parole in volgare, affinchè siano intese da ogni maniera di lettori: «Questo Vatinio fu il più brutto e vituperoso mostro che visse in quella corte. Egli da principio fu nutrito ed allevato in una bottega da sarto: era bieco e storto della persona: faceto come un buffone, e per questo fu egli dapprima nella corte di Nerone ricercato per dargli spasso colle sue buffonerie. Appresso con l’accusare segnatamente tutti i buoni cittadini venne in tanta potenza e autorità che col favore dei denari, col nuocere a questo e a quello, e con la violenza, di scelleratezze avanzava quelli ancora che eran tenuti cattivi e scellerati. E continuando Nerone la pratica di costui, anche fra gli spassi e i piaceri non desisteva dalla empietà.»

Fra i poeti addivenne il suo nome argomento di scherno e di motti spiritosi. Giovenale in una delle sue satire scriveva di lui:

«Tu di più vasi un gòtto voi votando
«Che da un certo Vatinio il nome ha tratto,
«Scarpaio in Benevento memorando,
«Già tutto fesso e inutil quasi affatto,
«Di cui, come si suol de’ vetri rotti,
«Co’ zolfanelli si può far baratto.

Il poeta Marziale alluse all’ignobile condizione di Vatinio in alcuni versi coi quali intese di celiare intorno alle cinque cose che ai suoi giorni, più che altrove, erano giudicate perfette in Benevento; cioè cardoni, cipolle, cervellate, copete e corde da chitarra, o altri stromenti musicali, alle quali cinque cose egli aggiunse i calici o vasi in vetro e le scarpe di Vatinio.

Questi conseguì pure celebrità appo i coetanei per l’invenzione dei bicchieri a quattro rostri, o nasi, come risulta