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amarvi!.. ed ho osato tuttavia aspirare al vostro amore!»

Lo scorgermi in tanta agitazione la mosse al pianto; ma poi non trovò così disperato il mio caso, come io gliela aveva dipinto. Allevata fin allora in un convento, ella non conosceva nulla delle cose del mondo: non le cure, non i bisogni; e per vero dire qual è la donna che in affari di cuore sia buona maestra del viver del mondo? Tutt’altro.

Un soave entusiasmo la infervorò quando si fece a parlarmi di me e del mio stato. Più volte ci eravamo insieme intertenuti su i lavori degli artisti più rinomati. Io le area raccontate le loro storie, l’alta fama, la preponderanza, lo splendore cui erano pervenuti. I compagni de’ principi, i favoriti dei re, coloro che divennero orgoglio e vanto dei loro paesi, tutte queste cose Bianca adattava al mio caso. Il suo amore non vedea nulla di grande fatto da essi ch’io pure non potessi condurre a termine; e quando io contemplava quest’amabile creatura animata da tanto fervore, e tutto il suo volto fatto raggiante dalle visioni della mia gloria, mi trovai per un istante avvolto nell’atmosfera stessa della sua immaginazione.

Dimoro troppo, lo vedo, su questa parte della mia storia; ma non so non arrestarmi su quel periodo della mia vita in cui (oh quanto or lo sospiro!) potè la mia anima, in mezzo a tanti affanni e tumulti, serbarsi immune da colpa. Ignoro fin dove questa lotta tra l’orgoglio, i riguardi d’onore e la passione mi avrebbe condotto, se non avessi letta in una gazzetta di Napoli la notizia della morte improvvisa di mio fratello. A tale notizia andava unita una premurosa raccomandazione perchè fosse fatta ricerca della mia persona, e una sollecitazione a me stesso, se quell’avviso perveniva alla mia lettura, di trasferirmi a Napoli per conforto di un infermo e desolato genitore. Io avea un animo affettuoso per indole e compassionevole; ma mio fratello non era mai sfato un fratello per me. Da tanto tempo egli era divenuto sì estranio alla mia mente, che la sua