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fuor di me stesso, è quanto non so ora ben ricordarmi. Penso che questa verità vincesse a gradi a gradi la mia persuasione come uno di que’ fenomeni maravigliosi che passano ogni speranza o credibilità. Però eravamo entrambi in quella tenera età che è pure l’età dell’amore; in continue occasioni di trovarci insieme; compagni nell’appetire le stesse ricreazioni amabili dello spirito, perchè la poesia, la musica, la pittura erano gl’intertenimenti nostri scambievoli; sempre insieme aggirandoci per mezzo ai cari incanti della immaginazione, vivevamo, può dirsi, separati dal rimanente del mondo. È ella poi si grande maraviglia che due giovani cuori, tanto dalle circostanze ravvicinati, arrivino finalmente a confondersi insieme?

Oh Dio! qual sogno, qual passeggiero sogno di contento puro e senza lega s’impossessò di quest’anima! Allora sì questo mondo divenne un paradiso ai miei occhi; io avea trovata una compagna, una deliziosa compagna che era a parte di tutte le mie sensazioni. Oh quante volte mi diportai lungo i pittoreschi lidi di Sestri, quante volte ne salii gli alpestri gioghi, d’onde io contemplava e quella costa ingemmata di pompose ville, e dinanzi a me l’azzurro mare, e sul suo romantico promontorio la gentile architettura del faro di Genova in lontananza; e quando io sorreggea gli esitanti passi di Bianca, pareami nulla potesse d’infausto avere accesso in questo bel mondo. Oh come spesso abbiamo ascoltato in compagnia l’usignuolo spiegando la ricchezza delle sue note in mezzo ai boschetti del giardino illuminati dalla luna, e ci siamo stupiti che qualche cosa di flebile avessero potuto ravvisare i poeti in quel canto! Perchè, ah! perchè questa primavera della vita e degli affetti è così passeggiera? Perchè la rosea nebbia d’amore che abbellisce di soave luce il mattino de’ nostri giorni, perchè degenera in nembo apportatore di turbini e di tempeste?

Fui io il primo a destarmi da questo beato delirio di