Pagina:Irving - Lo straniero misterioso (1826).djvu/31


27

presenza era necessaria a ritrarla. La vidi per la prima volta in una stanza di uno de’ più sontuosi palagi di Genova, stando ad una finestra che dominava la baia. Un fascio di raggi di sole di primavera che spargeano grato splendore su i damaschi cremisini di quella camera componevano attorno al capo della donzella una corona di luce non dissimile da quelle di cui vediamo fregiate nelle pittore le teste dei Santi. Ella avea sedici anni, e oh quanto bella! Rimasi sopraffatto a tal vista, come nè più nè meno se mi fosse apparsa la dea della primavera, della giovinezza e della beltà. Poco manco non le cadessi ai piedi per adorarla. Ella avrebbe potuto servir di modello ai poeti o ai pittori quando occorre loro esprimere quel bello ideale che agita le loro fantasie sotto forme d'ineffabile perfezione. Mi fu permesso abbozzarne in diversi atteggiamenti il sembiante; e tanto fervorosamente mi adoperai a tener lunghi i miei esperimenti, che fui sul punto di perdermi. Più fisava io sovr’essa lo sguardo, più amante ne diveniva; e vi era un non so che di penoso nella immensa ammirazione ch’io le tributava. Io avea diciannove anni all’incirca, contegnoso, timido, vero novizio. Certamente la madre della donzella mi si dimostrava cortese, perchè mi aveano conciliato favore appo lei e la mia giovinezza e l’entusiasmo ch’io dava a divedere per l’arte da me professata; e io stesso propendo a credere vi fosse ne’ miei modi e nella mia fisonomia qualche cosa che inspirasse benevolenza e riguardo. Ma quante buone accoglienze mi potessero venire usate non valeano a liberarmi dalla confusione che alla presenza di quell’avvenentissima creatura s’impadroniva della mia immaginazione già accostumatasi a riguardare in lei qualche cosa di più che mortale. Sì: ella compariva ai miei occhi un ente troppo perfetto perchè potesse essere serbato ad usi terreni, di forme troppo squisite e sublimi perchè umano intento potesse ad essa aspirare. Sedutomi per ritrarre i suoi lineamenti su la mia tela, a quando a quando io figgea gli occhi immobili