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il trattamento irregolare che mi era usato, divenni estranissimo a me stesso; poi sol fondamento di tale mia singolarità fui giudicato da quelli che le federo origine.

Mi accorsi un giorno, e ne rimasi atterrito, di un frate del mio convento che usciva pian piano fuor della stanza di mio padre. Mi vide costui, ma fece mostra di non badare, e questa stessa sua ipocrisia mi diede qualche sospetto. I miei sentimenti erano indolenziti e in istato d’irritazione, onde poco bastava a far sovr'essi un’acerba puntura. In mezzo a queste disposizioni dell’animo mio, certo paggio di casa morbidamente allevato e favorito del padre mio si avvisa usarmi una non equivoca mala grazia. Preso allora da tutta quanta la mia bile, lo percossi buttandolo a terra. Passava di lì in quel momento mio padre, il quale non si fermò già a chiedere i motivi di quel mio contegno, benchè non potesse egli indovinare che questi stessero nella sequela delle afflizioni del mio animo; ma passato subito a sgridarmi con disprezzo e stizza, avea raccolto negli sguardi tutto l’orgoglio e la naturale sua boria, che aggiugneano peso alle scagliatemi contumelie. Sentii allora quanto altamente fossi tenuto io non cale, e sentiva ad un tempo che stava entro me un animo meritevole di miglior trattamento: onde fattomisi gonfio il cuore contra l’ingiustizia del padre, vinsi la tema ch’egli soleva inspirarmi, al punto di rispondergli in atto d’impazienza. In quell’istante l’accensibilità del mio temperamento mi colorava le guance e mi sfavillava negli occhi; ma era momentanea l’irritazione del mio cuore, onde prima ch’io avessi sfogato a metà il mio risentimento, m’accorsi che questo era già rintuzzato e si stemprava nelle mie lagrime. Mio padre, fatto attonito ad un tempo e provocato da questa ribellione di un insetto, m’intimò ritirarmi nella mia stanza, ove mi trasferii silenzioso, e premendo nel mio interno le sensazioni lottanti fra loro che lo straziavano.

Io non vi rimasi lungo tempo prima di udire un susurrar