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mi sopraffecero tanto, che io avea perduta sin la parola. Nondimeno ci troveremo ancora (soggiunse in fretta; poi lo vidi correre verso la porta; ma tornò addietro per aggiugnere queste parole in solenne tuono pronunziate): «Non però in questo mondo! in questo mondo mai più!» Si lanciò anche per una volta alla sponda del mio letto; mi prese la mano; se la strinse al cuore e alle labbra: si precipitò fuor della stanza.


Il Baronetto non potè essere in tempo di raggiugnere l’amico, e vane furono in appresso le sue sollecitudini per averne conto. Aperse il piego suggellato che ne racchiudea un altro parimente suggellato, e una carta che mettea il primo piego sotto la salvaguardia dell’onore di chi lo avea ricevuto, affinchè non ne togliesse i sigilli che dopo trascorsi sei mesi. Lo stato d’uomo quasi delirante in cui trovavasi questo infelice, non parve al Baronetto di natura forte abbastanza che gli desse diritto a non secondare questa eccitazione fatta all’onore, e lasciò decorrere i sei mesi, dopo i quali aperse il secondo piego che contenea la seguente

STORIA DEL GIOVANE ITALIANO

scritta da lui medesimo.

Nacqui a Napoli. I miei genitori, benchè di nobile stato, non possedeano sostanze che a questo fossero proporzionate, o per dir meglio, il padre mio desideroso di fare una comparsa superiore a quella che le sue forze gli permettevano, tanto spendea nel mantenimento del palagio, in carrozze e in servitori, che il suo patrimonio andava ogni dì restrignendosi. Di due fratelli io era il minore, e guardato per ciò con occhio d’indifferenza dal padre che, mosso da un orgoglio ingenito di famiglia, divisava la-