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dei pascoli fioriti. Si accumulano e quasi si sovrappongono, non senza una certa malinconica pesantezza che non permette a nessuna tonalità di prorompere, e preferisce invece fondere tutto in un’armonia triste come la canzone stessa di queste regioni di lungo e doloroso eroismo, ai confini della razza, dinanzi al nemico. Qualche volta, per introdurvi un raggio di gioia (1), vi si mescola il filo d’oro piatto con cui si fa l’acconciatura delle fidanzate, la peteală o beteală, il cui nome viene da bete, il nastro tessuto che può ornare la cintura.
La direzione dell’ornamento è determinata dalle necessità del vestito non meno che da un’antica tradizione: le strisce di colore si alternano nel senso della lunghezza sulla «fotă» di Mehedinți, nel senso della larghezza sull’ «opreg» dell’Oltenia (come sul grembiule svedese) e sulla catrința di Moldavia. Sulla camicia, il seno è ornato di «riviere» (râuri; singolare râu, lat. rivus) longitudinali, che talora bordano, discretamente e solo sugli orli, la schiena; delle «riviere» nel senso della larghezza corrono dalla spalla al polso, in parecchie linee parallele, sulla manica. Soltanto in Croazia ho visto, insieme con molti elementi comuni al costume romeno e balcanico, delle strisce ornamentali molto strette sotto la vita, attraverso la camicia larghissima. In Bucovina le linee sono trasversali, diagonali, come sulle colonne scanalate. Le perle hanno una parte importante solo nel lavoro delle donne della Bucovina.
La tecnica non sembra che vari troppo da una regione all’altra (2). Due sono le categorie dei tipi che figurano tanto sulla camicia quanto sui grembiuli e sui vestiti-grembiuli, sui mantelli di tutte le fogge e sui veli di tutte le forme, e anche sulle calze, là dove se ne portano di guarnite, sulle bende