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appoggiato su brevi colonne tozze di pietra, si spia l’avanzare del nemico, contro il quale si spara da feritoie. È una vera cittadella senza cinta che s’innalza isolata sopra una cima o in luogo donde si possano sorvegliare le strade. I Turchi l’hanno chiamata «cula», mentre il nome greco, «pyrgos», è passato in quasi tutte le lingue balcaniche. Questo termine s’è poi esteso in Albania a costruzioni di difesa che, con mura appena forate da strette aperture, riuniscono delle stanze laterali in continuazione della «torre» propriamente detta.

Tale variante della casa mediterranea trovasi, accanto al castello gotico, nei paesi greci, in Epiro, in Albania, in gran parte del territorio serbo, insieme con l’altro tipo sopra descritto. In nessuno di questi paesi si trovano forme miste, nè si constata la fusione con l’abitazione trace o traco-illirica.

Diversamente stanno le cose presso i Romeni. Dapprima, in paese libero, non sottomesso ai re d’Urgheria, fra il Banato soggetto allo straniero e la linea dell’Olt, dotato di un clima specialissimo, e orientato verso l’Adriatico, si continua inalterata la «cula» serbo-albanese. Ma, siccome la ricchezza è maggiore, la potenza del principe assicura la pace e ci si può difendere altrimenti che in una «torre» contro l’invasione straniera (dei Turchi a sud, degli Ungheresi a nord, talora dei Tatari della steppa), si respira più liberamente nella casa, che si spoglia presto del suo aspetto cupo e minaccioso. La parte inferiore, che resta, beninteso, la più importante, è forata non solo da feritoie oblunghe, ma spesse da vere finestre, corrispondenti a quelle del piano superiore. Questo si eleva elegante, con sul davanti una fila di colonne delicatamente ornate; alle quali, a Curtișoura (Gorj), è unito un balconcino, appoggiato su due colonnette e sormontato da un piccolo frontone triangolare; a Brabova (Dolj) sui fianchi vi sono degli archi senza colonne. Come in Albania, alla «tor-