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cui vedremo fra poco il raggio di estensione: quello della casa adriatica.

Ma prima di presentare alcuni dei suoi caratteri altamente interessanti e tali da poter influire sull’antico sistema di costruzione traco-illirico, provocando delle sintesi nuove, bisogna esaminare la forma che la casa della montagna e della collina deve, degenerando, adottare in pianura, forma che riproduce l’aspetto della capanna dacica sulla colonna di Traiano.

Il legname spesso manca, sebbene le grandi foreste si fossero conservate in epoca anteriore fino al Danubio; così, nella regione meridionale di quella Moldavia orientale che dal 1812 al 1918 costituì la Bessarabia russa, gli alberi sono rari, e si presentano solo a gruppi nella cinta del villaggio. Tuttavia neppure in tal caso se ne fece un uso più largo: e forse bisogna ricercarne la ragione nelle condizioni sociali, ben diverse da quelle della regione carpatica e subcarpatica, perchè ivi il contadino non è più libero, almeno a partire da una certa data, verso il 1600, ma appartiene al proprietario, al boiaro, che possiede in genere la superficie alberata. A ogni modo, se per determinare il quadrato della casa si adoperano le stesse pertiche appena sgrossate, se per sostenere il tetto si piantano le colonnette nella prispa che è di terra semplice, manca però la parte inferiore comprendente la cantina, il magazzino. Tale modificazione può anche attribuirsi al fatto che questi abitanti della pianura non hanno da conservare nè vino nè liquore di prugne (la zuica): agricoltori, essi vivono del prodotto del loro vampo e accanto alla casetta si innalza il coșar, la costruzione rotonda di verghe strettamente intrecciate, che non ha la base di legno come presso i montanari, viticultori, coltivatori di susini; quel coșar dove si mette a seccare il granturco e che rappresenta nella loro economia domestica una parte più importante che altrove.