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un po’ dappertutto, ma con poca diligenza per quanto riguarda la decorazione. Le belle forme antiche delle urne si conservano ovunque, con varianti che possono interessare; ma lo smalto, che negli ultimi tempi è diventato di qualità inferiore, vien gettato a placche o a macchie brune, a casaccio. Delle linee giallastre corrono a serpentina. Sulle scodelle il motivo più frequente è quello arcaico della spirale, che però ha perso la sua primitiva eleganza (1).

Del resto, questa ceramica dell’Antico Regno, incastrata nei pali in mezzo alla corte, nonostante le sue lunghe tradizioni, è in piena decadenza. Alcune fabbriche, come quella, già menzionata, di Hârlău in Moldavia, o quella di Colentina alla periferia di Bucarest, riproducono, specie la prima, i tipi antichi.

Anche i contadini la preferiscono, perchè costa poco, alla merce d’importazione, e la si vede in tutte le botteghe dei mercati (in Transilvania soprattutto nelle piazze), e si torna dalle fiere con le stoviglie nuove, l’urna (ulcior, da oală, vedi sopra) accanto al bicchiere prodotto dalla fabbrica. A Periș, nelle vicinanze della capitale, per uso degli acquirenti cittadini, ghiotti di contraffazioni rurali, si cuociono oggetti di lavoro più complicato (2) e più variopinti, mentre il vasellame moldavo non ha che qualche rara macchia gettata qua e là con gusto squisito.

Un uso antichissimo, che si ritrova in molti paesi dell’Oriente ed anche dell’Occidente, è quello di tingere di rosso, di turchino, di violetto, di giallo, le uova di Pasqua — in Romania si chiamano comunemente «uova rosse» (ouă roșii) — per regalarle ai parenti, agli amici, o per tenersele. Presso i Romeni, questo lavoro delicato, fatto solo dalle donne, che

  1. Vedi anche la maggior parte degli esempi dati da Oprescu, op. cit. tavole.
  2. Ibid., tav. LVI.