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92 | capitolo v |
Giovanni», e coll’uccisione di questo ardito «tragediante». Gli archibugieri a cavallo che doveva assoldar in Italia Pier-Francesco «Farusino» non arrivarono mai. Ma la vita dell’infelice riformatore dei Rumeni, il quale rammentava loro l’origine romana - «voi, valenti homeni et gente bellicosa, discesi dali valorosi Romani, quali hano fatto tremer il mondo» fù scritta dal cardinal Commendone e poi da Antonio-Maria Graziani, che aveva passato parecchi anni nella vicina Polonia. Il primo giudicava che questi fatti parrebbero piuttosto appartener «alla vita di uno di quelli antichi Greci, deli quali scrive Plutarco, che di quelli che a tempi nostri hanno acquistato dominio e Signoria».
Qualche anno dopo la morte del Despota, Genova ospitava «Giovanni Georgio Heraclio Basilico Despota, disceso dalla linea degl’Imperatori Flavii Augusti Romani e dopo degli Costantinopolitani, per la Dio gratia ristauratore et Gran-Maestro de’ cavalieri di Santo-Georgio, di tutta la Grecia successore, rè del Peloponneso, di Moldavia, Valacchia, signore dell’Oriente, ecc.» e ’l suo secretario Domenico Anselmo, che era soltanto «cavagliere di San-Giorgio», voleva danari per «ricuperar le terre orientali occupate dall’immanissimo tiranno». Certamente costui non aveva niente che fare col Despota ammazzato sotto le mura di Suceava e non era altro che un impostore d’origine greca.