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68 | capitolo iv |
7. Prevedendo un nuovo colpo da parte dei Turchi, Stefano ebbe ricorso fin dal 1478 all’aiuto delle potenze occidentali e del Papa. Venezia l’aveva assicurato che in breve tempo avrebbe ricevuto 10.000 ducati e che si predicherà una crociata speciale con privilegio di giubileo in suo favore. Questi soccorsi tardavano, e non arrivarono mai. Così Stefano dovette mandar in Italia il suo «barba», Giovanni Zamblacho (= Caloioanne Valaco) per rinnovar le lagnanze e dimande d’esser aiutato. L’ambasciatore moldavo, alludendo alla sconfitta di Valea-Albă, mostrò nel nome del principe che «quel che è seguito non seria intervenuto sel havesse intexo che li principi christiani et visini soi non havesse tractà come l’hano tractà... Io cum la mia Corte hò fato quel che poti, et è seguido ut supra; la qual cossa zudego sia sta volontà de Dio per castigarme come pecator, et laudado sia el nome suo... Non solamente non me nano aiutato, ma torsi alcuni hano havuto piacer del danno fatto a mi et al dominio mio da Infideli... Per esser impedito el Turco cum mi zà anni IV, sono romaxi molti christiani in reposso.» Quanto ai suoi porti minacciati, sapeva bene «che queste do terre sono tuta la Valachia», la sua ricchezza e’l suo avvenire, e prometteva concorrer come dominatore del Danubio e della bocca del Nistro alla ricuperazione di «Caffa et Chieronesse».
Nel 1479 fece riparar le mura di Chilia, e la chiesa che ivi eresse è l’opera di un certo Giovanni Privana,