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16 | capitolo i |
ultimi resti della popolazione aborigene, traco-italica, conservandone soltanto qualche reminiscenza nella lingua e nel tipo antropologico, che indubbiamente nei Bulgari attuali non è nè slavo, e ancora meno turanico (i Bulgari che dominarono poi i Slavi mesici e loro imposero il proprio nome, erano venuti dal Volga). Così la Dacia di Traiano e la regione interna della penisola balcanica, le convalli del Pindo, che nascondevano anche gli avanzi degli Illiri indipendenti, gli Albanesi, e la Tessalia, rimasero l’ultimo recettacolo dei Rumeni. Le razzie dell’unnico rè Attila (secolo quinto) e quelle dei suoi avarici successori (secoli sesto — ottavo) nel paese romano al dilà del Danubio contribuirono essenzialmente ad accrescer il numero dei Romani che abitavano nei Carpati e nelle pianure vicine. L’invasione dei Magiari (Ungheresi) restrinse all’Ovest le abitazioni dei Rumeni, e l’estensione dei Russi nelle regioni superiori del Prut e del Seret rapirono al territorio romanico alcune regioni che furono poi riprese nel tempo di più tarda estensione (secoli 12 e 13).
11. Anche più tardi la Dacia mesica era in strette relazioni coll’Illirico e faceva parte del complesso di paesi latini riuniti alle provincie dell’Impero d’Occidente. Il cristianesimo dacico, di antichissima origine, era sotto la sorveglianza di Roma. La lingua stessa si sviluppava sotto l’influsso degl’idiomi occidentali. Dopo la conquista slavica tutte quelle relazioni furono interrotte. La roma-