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166 capitolo vii


nerazioni avevano desiderato, acclamato dall’Assemblea legislativa, invocato calorosamente da noi, fu riconosciuto dalla Sublime Porta, dalle Potenze garanti e stà ora scritto nei diritti delle genti.

«Il Dio dei nostri padri fù col paese, fu con noi. Egli rinvigorì i nostri sforzi, con la prudenza del popolo, e condusse la nazione verso un glorioso avvenire.

«Nelle giornate del 5 e 24 gennaio avete messo la vostra intiera fiducia nell’Eletto della nazione, avete riunito le vostre speranze in un solo principe. Il vostro Eletto vi dà oggi la Rumenia una.

Amate dunque la vostra Patrià e sapiate consolidarla!

Evviva la Rumenia!»

14. Ma i partiti, d’interessi e vanità personali, erano contrari a questo benefico e nobile «tiranno», il quale, secondo l’esempio dato dal creatore dell’unità italiana, aveva sostituito il suo Statuto alla Costituzione che l’Europa nel 1858 aveva imposta ai principati rumeni. Torbidi furono suscitati a Bucarest, in assenza del principe ammalato, il quale tornò dall’estero per subito perdonare, dando «completa amnistia pei delitti politici». Un’intervento diplomatico da parte del Visiro, inopportuno e brutale, venne sdegnosamente rispinto. Benché avesse adottato i suoi figli naturali, la principessa Elena (1909 dopo le feste del cinquantenario dell’Unione) non avendogli dato prole, Cuza dichiarò