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silvania avevano conosciuto e lavorato anche i sarmatici Agatirsi, che Erodoto mentovava come barbari ricchi e fastuosi, guadagnarono al territorio conquistato da Traiano numerosi avventurieri. Le iscrizioni contengono nomi di Asiatici, di Egizii, di Galli; gli Italiani dovettero esser pochi in quel tempo in cui l’Italia stessa riceveva tanti stranieri nelle sue città e pareva dover perder il suo carattere nazionale. Dove prima erano state le «dave», i scarsi villaggi degli aborigeni, si ergevano ora le città di Ulpia Traiana, già Sarmisagetusa di Decebalo, di Potaissa, di Napoca, Porolissum, Ampela, Brucla, colle loro case di pietra, colle basiliche e terme, colle vie larghe e piazze spaziose.

Ma la maggior parte dei nuovi abitanti erano senza dubio quei Traci ed Illiri romanizzati del Pindo e dell’Emo che portavano seco una nuova forma dell’idioma latino volgare. In quei cento cinquanta anni che la dominazione romana si mantenne sulla riva sinistra del Danubio, è impossibile che questa popolazione variegata, la quale conteneva presso che soltanto cittadini e che spesso, dopo essersi arricchita, abbandonava la provincia, avesse formato una nuova nazione romanica; anche le legioni che difendevano l’opera di Traiano, la XIII gemina, e più tardi anche una delle legioni macedoniche, non potevano, qui come altrove, pel mezzo della colonisazione dei veterani il di cui nome è’l rumenico «bătrîn», vecchio; mentre