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decandenza politica e sociale | 145 |
17. Questa poesia consiste in canti epici, che in altri tempi si facevano accompagnare dal liuto (alăută) ai pranzi dei principi guerrieri, e perciò chiamami «canti antichi» («cîntece bătrîneşti»): glorificavano la fondazione della Moldavia da un cacciatore di buoi selvatici, il quale varcava i monti, il giovine principe Dragoş; quella del principato valacco, colla vittoria sui Tartari, poi le gesta di Stefano-il Grande e di qualcuno dei suoi successori. Brevi canzoni d’amore, di cordoglio (dor; doglio) pel villagio abbandonato, pell’ amante perduta, portano il nome doină, di origine oscura (si ritrova dai Slavi, senza esser di origine slava). Scherzi versificati completano questa poesia che si perdeva e si rifaceva continuamente, e in cui si rispecchiava la vita della nazione intiera: malinconica per la lunga sfortuna, rassegnata, ma nondimeno ironica, anzi satirica e conservante qualche cosa dell’antico spirito battagliero che fece la sua grandezza ed importanza nella storia.
18. Ai canti guerreschi non pensavano più questi boiari dalla testa rasa, dalle lunghe barbe, con enormi cappelli rotondi, secondo la loro importanza gerarchica, Orientali con vestiti larghi e scarpe gialle che non uscivano di casa se non in carrozza e passavano il tempo piuttosto a Corte e nelle loro stanze profumate, fumando e ciarlando, che tra i contadini ed in mezzo ai soldati di un esercito transformato in guardia di semplici mercenari stranieri ornati riccamente. Ma nelle can-