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10 | capitolo i |
davanti al vincitore, si obligava a romper le sue alleanze con i Sarmati e Germani, ed a seguir le indicazioni politiche dell’Imperatore; numerosi legionari sarebbero rimasti per sorvegliarlo, ed in Sarmisagetusa stessa entrò un presidio romano.
Ma in breve Decebalo era già come prima padrone del suo paese, alleato delle nazioni circonvicine, irreconciliabile nemico della romana prepotenza. Una nuova guerra doveva punir la sua disubbidienza. Questa volta Traiano mostrò fin dai primi passi l’intenzione di non prestar più fede ai giuramenti del rè barbaro. Da Ancona salparono le navi che portavano numerosi guerrieri, e l’arco di triomfo con cui questa città italica si gloria fin oggi, fù elevato a commemorar il principio della grande impresa. Apollodoro di Damasco costruì sul Danubio il splendido ponte di pietra, di cui si vedono ancora, al ribassar delle acque, i vestigi, dinanzi alla città rumena di Turnu-Severin. Questa volta, invece di seguir la via finora scelta, ci s’incamminò per le valli della regione presso al fiume Olt: i Carpati furono varcati pel passo di Vîlcan o quello della Torre Rossa. Decebalo non potè più difendersi in paludi e boschi: Sarmisagetusa stessa fù cinta dai nemici. I primati del popolo dacico perirono nelle lotte o si diedero stessi la morte; il cadavere del rè e dei suoi due figliuoli fù ritrovato dai vincitori che avevano fatto andar in fiamme la Capitale dei bravi barbari; anch’essi non avevano aspettato il ferro dei legionari per