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130 capitolo vi


dalle mogli, dei fanciulli dai parenti, dei fratelli dalle sorelle, dei prigionieri trascinati su per le mura, per le porte e per dove si poteva, senza misericordia alcuna», e nel suo racconto si vede Giacomo Minotto «colle mani legate al tergo portato alla presenza del Visiro colla corda al collo, senza cappello e senza parrucca, tra le percosse». «Se fate così», disse lo stesso, come ardirebbero altri capitolar nelle vostre mani?». Questo feroce massacratore fece gittar il ricchissimo Brâncoveanu nel «forno» delle Sette Torri e poi, per la festa della Madonna, di cui la vecchia principessa portava il nome, tutti i maschi dell’infelice famglia furono decapitati in presenza del Sultano stesso, finché la morte pietosa colse anche l’eroico padre che esortava i figli a rimaner cristiani. I corpi dei martiri furono gettati nel Bosporo, dopo esser stati portati ingiro, infilzati in pertiche, per le strade di Costantinopoli.

6. Stefano Cantacuzeno, cugino del Brâncoveanu, quello a cui si doveva in gran parte la caduta e forse anche la morte del venerabile principe, fù nel 1716 vittima di quel stesso insaziabile Visiro. Con esso lui fù immolato nella prigione d’Adrianopoli il padre, Costantino, delle cui relazioni coll’Italia si parlerà in seguito, ed anche, un poco più tardi, un terzo Cantacuzeno, Michele, fratello di quest’ultimo. Nicolò Mavrocordato, che aveva già rittenuto nel 1711 la Moldavia, prese ora in Valacchia la successione degli ultimi