si gloriava discender in linea femminile dai vecchi regnanti di Moldavia, dallo stesso Alessandro-il-Buono. Lo faceva destituire, dopo pochi mesi, il Cano dei Tartari, e Demetrio Cantemir riprendeva possesso della sua paterna eredità: doveva preparar pella primavera del 1711 quella campagna del Gran-Vesir contro lo Zar Pietro, che Carlo XII aveva provocata. Il giovine Cantemir aspettava una gran vittoria cristiana e la caduta dell’Impero osmano; così, senza romper affatto con questo, allettò i Moscoviti in Moldavia. Nel mese di giugno l'imperatore ortodosso assisteva agli uffizi divini nelle chiese di Iassy e banchettava strepitosamente col suo amico ed alleato, il quale per mezzo di un trattato formale si era assicurato il dominio assoluto ereditario della Moldavia rimasta coi suoi antichi privilegi. Boiari e contadini furono chiamati nell’esercito di Pietro che «insorgeva contro la potestà tirannica per liberar i popoli cristiani dalla servitù degl’Infedeli». Compagnie moldave furono organizzate, doppo che soldati rumeni avevano combattuto, tanto tempo, con onore, sotto le bandiere dei Polacchi, dei Russi e dei Suedesi. Ma fra poco l’allegria per la «liberazione dal giuogo ottomano» si cambiò in lutto. Lo Zar, che aveva sperato intimidar il Visiro e non aveva preso nessuna misura di precauzione, fù assediato sul Prut, presso il villaggio di Stănileşti, dalle grandi masse turche e tartare e fù ben contento di aver potuto conchiuder un trattato in vece di segnar una vergo-