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126 capitolo vi


e Tartari, i quali l’avrebbero devastato per punirlo. Tra i suoi agenti mandati a Vienna c’era anche l’arcivescovo di Nicopoli Antonio Ștefani. Si dice che il Cantacuzeno, il quale, al pari di tutti i suoi parenti nei principati, portava nel suo stemma l’aquila bicipite, avesse pensato all’eredità bizantina, della sua famiglia. Morì nell’ottobre del 1688 e fù sepolto nella chiesa del bel monastero di Cotroceni, da lui eretto in un bosco vicino alla sua Capitale (oggi Cotroceni è residenza dell’erede’ della Corona rumena).

Suo nipote, figlio di una sua sorella, Costantino Brâncoveanu (fino al 1714), ricchissimo proprietario, fù eletto, dai boiari e soltanto confermato della Porta. Ebbe a mantenersi, in circostanze particolarmente difficili: gl’Imperiali, comandati dall’Italiano Veterani, la di cui corrispondenza si conserva ancora, inedita, a Urbino, entravano già in Valacchia, i Tartari, che fece venire lui contro gl’intrusi tedeschi, gli stavano sui fianchi una parte di loro abitava già dal 1600 il Bugeac, cioè la regione inferiore dell’odierna Bassarabia; il Visiro, ed una volta il Sultano stesso, che andava in Ungheria, apparvero sul Danubio. In Moldavia, erano rientrati i Polacchi già del 1683 per catturare il principe Giorgio. Duca, appena tornato dall’assedio di Vienna. Si cercò di ristabilire Stefano Petriceicu, che viveva nel paese del rè. Dopo il regno infelice di un’altro Cantacuzeno, del vecchio corrotto Demotrio, un’ex-officiale polacco, Costantino Cantemir, fi-