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gnandam prò tua virili parte contra communem et infensissimum hostem Turcam»), ma non gli mandava nessun aiuto pecuniario per mezzo del di lui inviato Ettore Vorsi, uno di quei Cretani con carattere più greco che italiano abbondavano in quei tempi, i qualli nei principati. L’esortava invece a ritornar nel gremio della (chiesa cattolica, promettendogli non dimenticarlo l’anno prossimo nella ripartizione dei sussidii apostolici. Gli si richiamava in memoria anche l’ossequio dei «suoi predecessori, dai tempi più antichi», verso i Pontefici rappresentanti della necessaria cristiana unità. Nel 1599 la corrispondenza colla Curia continuava ancora, ed il Papa raccomandava a Michele il suo nunzio, Germanico vescovo di San-Severo, che si sforzò a pacificar gl’Imperiali ed i Polacchi, rivali pel possesso dei principati rumeni i quali mostravano tutt’altre intenzioni che quella di confondersi col dominio dei potentati vicini. Sul principio del 1600 il principe di Valacchia senza che si menzionasse la conquista della Transilvania fu invitato a riconoscer Bernardino Querini, vescovo di Argeş. Poi nell’aprile seguente Clemente III desiderava che il vincitore,— il quale aveva rovinato il trono di un cardinale — , diventasse «membro della Chiesa militante», prima di domandar quel soccorso, che anche questa volta gli venne rifiutato. Tali esortazioni contiene pure l’ultima lettera del Pontefice, a cui Michele si era indirizzato anche nei giorni della sua presenza a Praga.