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ultimi tempi di indipendenza | 97 |
un monastero di Venezia, fu impedito dall’autorità ecclesiastica.
15. Sul principio del secolo decimosesto il successore del largo donatario dei chiostri greci Radu-il-Grande, Mihnea, figlio di Ţepeş e di una parente del rè Mattia Corvino, era rimasto cattolico e fù ucciso, dopo esser stato scacciato pei suoi atti di crudeltà, in Cibinio, mentre usciva dalla chiesa latina. Nessuno dei suoi successori mostrò simpatie pel cattolicismo, benché Mircea il-Pastore avesse maritato una sua figliuola con un nobile transilvano forse cattolico. Prima che la compagnia di Gesù si stabilisse in Transilvania, dove i Padri vi restarono dal 1578 al 1588 per ritornar nel 1595, richiamati dal loro allievo, il principe Sigismondo Bathory, ed in Polonia, dove furono ammessi dallo zio di costui, dal rè Stefano Bathory, Alessandro, principe di Valacchia, marito della Levantina Caterina, la madre della quale era cattolica, faceva eseguir in Roma un’epitatìo pella chiesa cattolica, di Tîrgoviște, a cui il figlio Mihnea rigalava, con diversi dritti d’essenzione i villaggi di Şotînga e Bezdad. La chiesa era servita da Francescani ungheresi. Alle istanze dell’Albanese italianizzato Bartolomeo Bruti, fratello del dragomano veneto a Costantinopoli, Pietro, cugino di Alessandro e principe di Moldavia (dal 1574; morto a Bolzano; v. p. 88), restituì al culto cattolico i villaggi abitati da Magiari e Sassoni e fece venir da Leopoli Padri