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vene, spinge quivi al moto il sangue; siccome di là insinuandosi» (chi? l’aria stessa, di là, cioè dall’arterie e dalle vene) «ne’ canali de’ nervi, e agitando il loro sugo, vi cagiona tutti que’ moti che alle facoltà sensitive soglionsi attribuire.» Qui certamente noi non ragguagliamo, lui dire, che ’l moto de’ nervi si debba al sangue; ma che quell'aria medesima la quale cagiona i movimenti del sangue ne’ suoi vasi, passando poi ne’ canali de’ nervi, vi muova il loro sugo, ec. Certamente pare che ’l sig. di Vico commetta contro di noi quell’ingiustizia che riferisce l’Autor dell'Arte del pensare1, essere stato solito commettere Aristotele contra certi Filosofi, a cui egli a torto attribuiva qualche grosso errore, per poi mostrare d’averli gagliardamente confutati.

E con tal occasione risponderemo noi pure ad un’altra obbiezione (pag. 97) fattaci dall’Autor medesimo nella suddetta Risposta, dove dice: «Quindi confuto non già l’Analisi, come voi ragguagliate, con la quale il Cartesio perviene al suo Primo Vero. Io l’appruovo, e l’appruovo tanto, che dico anche i Sosj di Plauto posti in dubbio di ogni cosa da Mercurio, come da un Genio fallace, acquetarsi a quello,

Sed quom cogito, equidem sum.

Ma dico, che quel cogito è segno indubitato del mio essere; ma non essendo cagion del mio essere, non m’induce senza dell’essere.» Tuttavia l’Autore nella sua Metafisica2 chiamando fallace il Genio del Cartesio; e sì in quella, come nella Risposta dicendo che nell’Analisi del Cartesio quel cogito è bensì un segno indubitato, ma non mai la cagion del nostr’essere, e però non induce in noi la scienza del nostr’essere; potremo noi rettamente argomentare che esso non confuta l’Analisi del Cartesio, ma però la biasima; che esso l’approva, ma però la riprova.

A ciò che osservato abbiamo intorno all’anima umana succede un altro picciol dubbio intorno a ciò che esso viene poi a dire dell’Anima delle Bestie (pag. 76). La Bestia, egli dice, chiamossi dagli Italiani Brutum, cioè immobile; imperciocchè la Bestia non ha in sè stessa principio veruno di moto, ma in tanto sol si muove, in quanto dagli oggetti presenti, come una macchina, sospinta ne viene al moto. Dunque, io argomento, opinion fu degli antichi Italiani che le bestie non constassero di materia nè fossero corpi; essenza della materia e del corpo essendo il conato con cui sforzasi il corpo di muoversi, e questo conato essendo lo stesso moto.

Molte e molt'altre cose a queste potriansi aggiungere, in quel libretto semplicemente accennate e supposte, le quali controvertendosi, quali in fra’ Peripatetici, quali in fra’ Moderni, e

  1. Part. III, caap. 19.
  2. Pag. 57.