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italorum sapientia 105

chiara e distintamente è vizio, anzi che virtù dello intendimento umano; ed ove si è pruovato che le forme fisiche sono evidenti, finchè non si pongono al paragone delle metafisiche; ed ove questo istesso si è confermato, che finchè considero me, son certissimo che se io penso, ci sono: ma addentrandomi in Dio, che è l’unico e vero Ente, io conosco, veramente non essere. Così, mentre consideriamo l'estensione e le sue tre misure, stabiliamo nel mondo delle astrazioni verità eterne: ma in fatti

Caelum ipsum petimus stultitia;

perchè solamente l’eterne verità sono in Dio. Teniamo a conto d’eterna verità, il tutto è maggior della parte: ma ritornati a’ principj, ritroviamo falso l'assioma; e vediamo dimostrata tanta virtù di estensione nel punto del cerchio, per cagion d’esempio, quanta ve ne ha in tutta la circonferenza, attraversando linee per lo centro che da tutti i punti della circonferenza sieno menate. Conchiudiamla: in metafisica colui avrà profittato, che nella meditazione di questa scienza avrà sè stesso perduto.

Sarà forse altro luogo quello ove non sembri pruovata la libertà dell’umano arbitrio, posta l’infallibilità de’ divini decreti. Ma non devo stimarlo del vostro grande ingegno che, in leggendo là dove io pruovo che i moti non si comunicano, non abbia facilmente avvertito una simiglianza, come ciò possa stare; poichè d’incomprensibil mistero non possiamo ragionare altrimente. Onde credo bene ch’Ella agevolmente abbia rapportato ciò, che ragiono de’ movimenti de’ corpi, a quel degli animi: e come il movimento comune dell’aria diventa proprio e vero moto della fiamma, della pianta, della bestia mercè delle particolari macchine onde ciascuna di queste cose particolari ha la propria sua forma; così il divin volere diventa proprio e vero moto della nostra volontà mercè dell’anima nostra, che è la forma particolare di ciascun di noi: talchè ogni nostro volere sia insiememente vero e proprio nostro arbitrio, e decreto infallibile del sommo Iddio.

Ma a ciò par che contrasti quel che i Latini sentirono de’ bruti, che li vollero immobili.

In risposta potrei dire che li dissero immobili, perchè li guardarono come mossi dall’aria, e non come moventisi da sè; ma, per quelio che abbiamo poc'anzi ragionato, non perchè mossi dall’aria, si toglie loro il muoversi per sè stessi. Io però non entro a sostenere cotal sentenza, che i più fidi interpreti della mente di Cartesio stimano essere una bellissima favola, e solamente da commendarsi per l’acconcezza della sua tessitura.

Ma certamente a voi avrà paruto proposto, e non provato, che i corpi non si sforzano. E vi avrà a ciò spinto la comune de’ Cartesiani, che pongono per prima base della loro fisica, i corpi sforzarsi andar lontani dal centro.