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italorum sapientia 99

non è che una indefinita virtù, o uno sforzo dell’universo a mandar fuori e sostener le cose particolari tutte; talchè l’essenza del corpo sia una indefinita virtù di mantenerlo disteso, la quale a cose distese, quantunque disugualissime, vi sia sotto egualmente: e questa istessa sia indefinita virtù di muovere che egualmente sta sotto a moti quanto si voglia ineguali; la qual virtù eminentemente è atto in Dio. Onde proviene che con somma proporzione si corrispondono, quinci Dio, materia e corpo; quindi quiete, conato e moto; ed Iddio atto semplicissimo, perchè tutto perfezione, gode vera quiete; la materia è potenza, e sforzo i corpi, perchè constano di materia che in ogni punto e in conseguenza in ogni istante si sforza; e impedendosi l'un l'altro gli sforzi per la continuità delle parti, si muovono; talchè moto altro non è che sforzo impedito, che se spiegar si potesse, andrebbe nell’infinito a quietarsi e si ritornerebbe a Dio, donde è uscito. Per tutto ciò la sostanza dagli antichi filosofi italiani in quanto è virtù di sostenere il disteso, fu detta Punctum; in quanto di sostenere il moto, Momentum: l’uno e l’altro da essi preso per una cosa stessa, e per una cosa stessa indivisibile. Ed in sì fatta guisa vendico alla filosofia d’Italia i Punti di Zenone, e li sincero da’ sinistri sentimenti dati loro da Aristotele, seguitato in ciò da Renato; e li fo vedere essere di gran lunga altra cosa da quella che finora è stata intesa: che non già il corpo fisico consti di punti geometrici; onde fu ricevuta con tanto credito l’obbiezione: Punctum additum puncto non facit extensum: ma, come il punto geometrico, perchè e stato definito non aver parti, ci dà le dimostrazioni che le linee altrimente incommensurabili si tagliano eguali ne’ loro punti; così in natura siavi una sostanza indivisibile che egualmente sta sotto a’ saldi stesi inuguali: talchè il punto geometrico sia un esempio o somiglianza di questa fisica virtù, la quale sostiene e contiene il disteso; e perciò da Zenone fu punto metafisico nominata; perocchè con questa similitudine, e non altrimente, possiamo ragionare dell’essenza dei corpo, perchè non abbiamo altra scienza umana che quella delle matematiche, la qual procede a simiglianza della divina.

La serie di queste cose mi mena a ragionare de’ momenti e de’ moti, per quanto a metafisico s’appartiene. E pruovo non isforzarsi le cose stese, ma bensì muoversi; perchè i punti sono i principj de’ moti, e i principj de’ moti sono i momenti.

Che non si diano moti retti in natura, ma che gli sforzi sieno a’ moti retti, e che i moti sono composti di sforzi a’ retti. E immaginare i corpi muoversi drittamente per lo vano, è di mente imbevuta dell’errore degli spazj immaginarj; perchè non solo non si moverebbero a dirittura nel vano, ma non si moverebbero, anzi non sarebbero affatto; perchè intanto i corpi constano, e sono corpi in quanto l’universo col pieno suo li sostiene, nel pieno suo li contiene.