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RISPOSTA
del sig. Giambattista di Vico, nella quale si sciogliono tre gravi opposizioni fatte contro il primo libro De Antiquissima Italorum Sapientia, etc., ovvero Della Metafisica dcgli antichissimi Filosofi italiani tratta da’ latini parlari1.


Osservandissimo Signor mio.


Intorno al mio primo libro De Antiquissima Italorum Sapientia ex Linguae Latinae originibus eruenda, contenente la Metafisica, V. S., con quella autorità che tiene sopra di me, mi propone tre importantissimi dubbj:

“ I. Che desiderereste di veder provato ciò che a tutta l’opera è principal fondamento, anzi singolare: dondc io raccolga che nella latina favella significhino una istessa cosa factum e verum, caussa e negocium;

“ II. Che vi date a credere che nel compilare questo libricciuolo io abbia avuto in pensiero di dare anzi un’idea ed un saggio della mia metafisica, che la mia metafisica stessa;

“ III. Che in essa scorgete cose moltissime, semplicemente proposte, che sembrano aver bisogno di pruova. ”

Io con quella mia propria brevità, non iscompaguata dalla riverenza che vi professo, vi rispondo:

I. Che le locuzioni, fondamenti principali, anzi unici della mia metafisica, hanno appo i Latini avuti i sentimenti che io dico;

II. Che la mia metafisica in quel libricciuolo è compita sopra tutta la sua idea;

III. Che non vi manca nulla di pruova.

i.
Che le voci verum e factum, caussa e negocium significarono appo i Latini due cose.


E per quello che si appartiene alie prime duc voci, Fedria nell'Eunuco di Terenzio domanda Doro:

Cherean' tuam vestem detraxit tibi?

E questi risponde: Factum.

Soggiunge il giovane padrone: Et ea est indutus?

E l’Eunuco similmente risponde: Factum. Che un Italiano nell'una e nell’altra risposta tradurrebbe: È vero.

  1. Prodiit Neapoli 1711, eadem forma qua editio altera hujus ipsius libri De Antiquissima Italorum Sarientia, etc.