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92 de antiquissima

sieno forme infinite, non nell’estensione sua, ma nella perfezione, e come infinite trovinsi nel solo Dio; ma che le specie, o cose singolari sieno simulacri fatti secondo le medesime forme. E perchè il vero e ‘l fatto son d’una medesima significazione, egli è d’uopo che i generi delle cose non sieno gli universali delle scuole, ma forme, e forme metafisiche, cioè idee e modelli su' quali le forme fisiche si lavorano, cioè delle cose singolari. Quindi molte cose utilissime al trattar delle scienze egli deduce: 1.° esser migliore il metodo della Sintesi per le scienze che quel dell'Analisi; 2° quell'arti giugnere più certamente al suo fine, le quali propongono alla mente l’idea di ciò che deesi fare, che quelle le quali procedon più tosto per via di conghietture; 3.° molto esser pericoloso lo starsi troppo sulle cose generali, ned esservi via più sicura per incamminarsi all'acquisto della verità, che ’l saper accordare l'universalità dell’idea a tutte le particolarità delle circostanze che incontransi in qualsisia cosa singolare.

Segue il III Capitolo. Furono sinonimi nella latina favella i vocaboli Caussa e Negocium (pag. 63), che operazione significa; e ciò che quindi ne nasce, e’ chiamarono Effetto. Laonde s’una cosa medesima sono il vero e il fatto, cioè l’effetto, provar che che sia per le cause e’ sarà un farlo; e perchè la materia o sia gli elementi delle cose son le sue cause, proverà dalle cause colui che agli elementi mal ordinati e disposti darà il suo ordine e disposizione, onde ne risulta la forma della cosa, la quale induce in quella una special natura; il che della Geometria è proprio e dell’Aritmetica.

Quindi egli a lungo molte cose sottilmente discorre nel Capitolo segnente (pag. 64) dell’essenze o virtù delle cose, de’ punti metafisici e degli sforzi al moto e dello stesso moto: le quali però chi volesse tutte esporre, non farebbe un compendioso estratto del libro, ma un nuovo libro, di cui questo più tosto sembrerebbe esser l'estratto.

Nel V Capitolo (pag. 75) osserva essersi distinti da’ vecchi Latini questi due vocaboli Animus e Anima, di modo che Anima sia quella con cui si vive, e Animo quello con cui si sente. Ma perchè l’aria eziandio, cui egli mostra essere il principio comune di tutti i movimenti, fu da’ medesimi chiamata col nome di anima; quindi egli argomenta, aver giudicato gli antichi sapienti dell’Italia l’animo e l’anima altro non essere negli animali che movimento particolare di aria, la quale introdotta per via della respirazione nel cuore, e da quello nell'arterie e nelle vene, spinge quivi al moto il sangue; siccome di là insinuandosi ne’ canali de’ nervi, e agitando il loro sugo vi cagiona tutti que’ moti che alle facoltà sensitive soglionsi attribuire. Quindi pure deduce (pag. 76) che ’l vocabolo Brutum appo i Latini null'altro importando che cosa immobile, lor opinione fosse che le bestie non avessero, come abbiam noi, un interno principio de’ loro movimenti; ma che per sè stesse