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de antiquissima italorum sapientia 91

le cose; e il suo Vero a lui rappresentando gli elementi delle cose tutte sì estrinsechi, sì intrinsechi. E perchè il sapere non è altro che un comporre gli elementi delle cose, e’ conchiude che l'intelligenza è propria del solo Dio, il quale contenendo in sè tutte le cose, legge non che l'esterno di quelle, ma anche l'interno; la dove è proprio della mente umana (la quale è finita e fuor delle cose) il solo pensare, cioè il raccorre non tutte intiere le cose, ma le sole estremità, e quel ch’è al di fuori, per dir così.

Quindi e’ passa a dimostrare che nel solo Dio essendo il vero perfetto, non abbiam noi scienza più certa della Teologia rivelata (pag. 53), cioè di quella che mediante la fede abbiamo ricevuta dal medesimo Dio. Iddio sa ogni cosa, contenendo in sè gli elementi, onde ogni cosa e’ compone; ma l’uomo studiasi di sapere ogni cosa per via di divisione, sicchè dire possiamo che la scienza umana sia come una notomia dell’opere della natura. Imperocchè, per esempio, noi sogliam dividere l’uomo in corpo e in anima, l’anima in intelletto e in volontà; astrarre dal corpo la figura e il moto, e da queste, come da qualunque altra cosa, l'ente e l'uno. Ed ecco l'origine delle scienze umane: delle quali la Metafisica contempla l'ente, l’Aritmetica l'uno e le sue moltiplicazioni, la Geometria la figura e le sue misure, la Meccanica il moto intorno al centro, la Fisica il moto dal centro, la Medicina il corpo, la Loica la ragione, e la Morale la volontà. Tuttavia queste scienze nell'uomo son la maggior parte imperfettissime e lontane dal vero; e noi avendo le cose sol fuor di noi, conoscerle non possiamo se non per via d’astrazione, volgendo a nostra utilità quel ch'è puro difetto della nostra mente. E da tal astrazione son prodotte due scienze le più utili, perchè le più certe, la Geometria e l’Aritmetica; e da queste poi ne fu generata la Meccanica, onde ne nacquero tutte l’arti all’uman genere necessarie. Laonde, perchè queste scienze son facitrici, son ancor le più vere, assomigliandosi alla scienza divina, nella quale il vero e 'l fatto son convertibili.

Gittati finalmente tai fondamenti, che dalla mente umana, se non tutte, almen conoscansi molte verità, scende a confutar prima il Cartesio (pag. 57), il quale per regola principale al suo Metafisico assegna prima di tutto lo spogliarsi non pure d'ogni pregiudizio, ma eziandio di qualsisia verità; dipoi gli Scettici (pag. 59), i quali ogni verità metteano in dubbio, e dicevano di nissuna cosa potersi avere certezza.

Di là scende al II Capitolo, dove disamina questi due vocaboli Genus e Species (pag. 59), de’ quali il primo, dice, appo i Latini significava la Forma, e ’l secondo ciò che nelle scuole chiamasi Individuo, e ciò che noi volgarmente diciamo Simolacro ed Apparenza. E perchè tutte le sette de’ filosofi convengono in ciò, che i generi sieno infiniti, però e’ conchiude, opinion degli antichi filosofi dell’Italia essere stata che i generi