E il gran successo il cor superbo pieghi.
Quel che un di fece, or far chi gli divieta;
Contro i rei volger gli elementi in guerra; 95Far l’aria oscura o lieta,
E di sua mano moderar la Terra? Il contradir che giova, o gridar fola
Contro l’antiche istorie delle genti
Che ricordan di Dio l’alte vendette? 100Poichè più lingue partorì una sola,
Del gran periglio ovunque infra i viventi
Salda memoria stette.
Dai padri nei nepoti
I trasporti di Dio si fecer noti. 105Finchè taluno li descrisse in carte,
Il sa l’Egitto, che per mille guise
Il triste evento incise.
Tutto simboleggiando a parte a parte.
La Grecia il sa, che così chiaro attinse 110Da quella patria sua l’orribil vero;
Che poscia lo dipinse
E il disse al Lazio per gran parte intero. Dio le stagion governa. Egli è che il freno
Allenta e stringe, e all’aria muta il volto; 115E offusca e sgombra a suo piacere il mondo.
Quindi la Terra empie di frutti il seno,
Se il germe uman. Dio venerato e colto,
Vuol far lieto e giocondo.
Ei, quando il popol fido 120Degli alti suoi comandi udiva il grido,
Fece fiorir gli incolti aspri deserti,
E di frumento ridondar le valli;
E i dirupati calli
Esultar quasi solchi a mèsse aperti. 125Ma se Israel le brame sue deluse,
E a pregar altro nume aprì le labbia;
E il ciel qual bronzo chiuse.
E il suol ridusse quasi incolta sabbia. E sin quando, Signor, la tua giust’ira 130Si grave sopra noi terrà la fame?
E quando un anno rivedrem felice?
Ecco per tuo voler che si sospira:
Ecco umiliate a te le genti grame,
Sotto la mano ultrice. 135T’armò nostra baldanza;
Ma tua pietade il fallir nostro avanza.
Odi i lunghi singulti, e mira i visi
Smunti de’ poverelli, a te si cari.
Mira, di pianti amari 140Prender gemendo i scarsi cibi intrisi.