Al favor delle tacite tenebre,
I predator del bosco
Corrono l’aer fosco;
E il lioncel da latte 95A spaventar s’avvezza col ruggito.
Da te, col rauco suono,
Ésca dimanda, o Dio,
Padre d’ogni animal cortese e pio.
Ma quando, incoronato il Sol di luce, 100DI novo giorno adduce;
Ogni selvaggia belva
Di nuovo si rinselva,
E si rimpiatta nell’ascosa tana,
Mentr’esce a’ suoi lavor la stirpe umana. 105Mille mortali a faticar nel giorno
Salgono dalle piume,
Sino al mancar del lume,
Quando fa il Sole all’ocean ritorno.
O le magnifich’opre! 110Quanto in loro, o gran Dio, saper si scopre!
Nè sol la Terra è piena
Della grandezza tua. L’umido regno
Vastissimo dei mar, quanti rinserra
Guizzanti armati, e nudi, 115E mansueti, e crudi,
A superare in numero bastanti
Gli abitator dell’aria e della Terra!
Quante squammose code, e quante penne
Solcan le vie delle velate antenne! 120L’orribile balena
A’ molli scherzi piega,
Sotto dell’onde la callosa schiena.
In somma quanto vive e quanto spira,
Signor, gli occhi a te gira; 125L’esca opportuna da te solo aspetta;
Se tu spieghi tua mano,
Tutto di ben ridonda:
Se tu la stringi, e volgi
In altra parte il tuo beante viso, 130Tutto cade conquiso.
Tu così levi, se ti piace, l’aura
Del respiro vitale; e tutto corre
Al cenere onde nacque.
Se ridonar ti piacque 135A lor respiro e vita;
Altra prole infinita
Vedrassi, ed altri figli in popol folto
Rinnovellar dell’universo il volto.
Deh così splenda ognora