A quel prode, ch’io tacito seguiva,
Allor mi volsi, e dissi: Oh te beato,
Che non solo a mirar l’aura giuliva 236Sei, come par, ma ad alitarla entrato;
Ringrazia chi ti die la luce viva.
Ben ti fu allor propizio il cielo e ’l fato!
Deh come, in quella selva d’ogni guai, 240Dïamante si bel trovasti mai?
A tutti, in volto umano a dire ei piglia,
Simil scudo laggiù dona e destina
La del volto divino inclita figlia, 244Che del nostro mortal siede regina.
Ma chi alle fiamme un pazzo error consiglia
Gittar la rara gemma peregrina;
E chi di fango e loto reo la copre, 248Raro addivien che bene uomo l’adopra
Si disse: e poi sen gio dove l’aspetta
Di fortunati eroi lieta compagna,
Posata in grembo de la molle erbetta; 252Gente fedel che mai non si scompagna.
Del sommo Olimpo qui piana è la vetta;
E sopra la amenissima campagna,
La coppia a larga man comparte e dona 256Tutti i tesor di Flora e di Pomona.
Augei dipinti dei color dell’Iri
Gorgogliando sen van di fronda in fronda;
Ora intreccian nell’aria mille giri. 260Or calan dove ha più di tior la sponda.
Qui aprendosi cammin fra bei zeffiri,
Di nettare e di mel fluisce l’onda;
Al ventilar dell’aure in lago pieno. 264L’ambrosia increspa l’odoroso seno.
Mille albe li gentili, a rami chini,
I pomi d’oro già maturi porgono:
Nè temon restar nudi, chè vicini 268A questi verdeggianti altri ne sorgono.
Sbuccian dal melo punico i rubini:
Di novi frutti intanto i fior si scorgono:
Tinte in grana di ciel l’uve rosseggiano; 272E nuovi grappi i primi grappi ombreggiano.
Senza spin verginella esce la rosa,
E timidetta s’apre in poche strisce;
Poi la corona sua spiega pomposa, 276E a lume pien farsi mirare ardisce:
Nè allor che il sol dal corso in mar si posa,
Languida si discioglie o scolorisce;
Ma intatta cade, e al suolo infiora il manto: 280Altra ne sorge più leggiadra intanto.