Io pur li seguo. Il dir lungo sarìa
Tutte le memorande loro imprese,
Onde al monte divin s’aperser via, 188Ed ebber mille bestie a terra stese.
Ma impazïente l’animo desia
Rimembrare il dolcissimo paese
La sublime region ch’anime serra. 192Benchè figlie d’Adam, felici in terra.
Nel passar da quel fosco all’aer puro,
Prima si mira delle nubi il nido;
Vasto antro aperto dentro il fianco duro 196D’Olimpo; quinci vanno ad ogni lido.
Di Noto e d’Aquilon mostre ne furo
Le chiuse stanze. Indi si sente un grido
Cupo, uno scroscio di catene scosse; 200E sibilare il suon d’alte percosse.
Chiusa nel nero suo manto la notte,
Qui aspetta che all’Occaso il dì si meni,
Qui odoran zolfo le petrose grotte, 204Ove s’aggruppan fulmini e baleni;
Qui grandin, pioggie e nevi son ridotte,
Congregazioni immense in vari seni:
Se n’empion quindi l’ampie nubi, e vanno; 208E d’esse, o tristo, o lieto il mondo fauno.
Lo sguardo allor giù volsi, e vidi i regni,
E le terre giacenti de’ mortali.
Regni non di piacer, ma d’ire e sdegni, 212D’odio, d’invidia e d’infiniti mali;
Onde sul capo lor piombano i degni
Giusti supplizi, e morte affretta l’ali.
Passan ira colpe e fra castighi, intanto 216Gli uomini i di, non mai voti di pianto.
Gli occhi tergeami di pietà compunto;
Poi di novo rivolsi i passi all’alto.
Cinger il monte apparvemi in quel punto 220Un muro impenetrabile di smalto:
Di guerrier su la porta un stuol congiunto
D’ogni fiero animal chiude l’assalto.
Quel che avea l’arme, e fu leone in pria, 224Qui stette: noi seguimmo entro la via.
Ecco il beato regno della pace:
Ecco il bene del ciel disceso in terra.
Quivi hanno a’ suoi desir tregua verace 228Chi alle bestie del bosco han fatto guerra.
Quanto l’alma rallegra, e quanto piace,
Entro a questo confin tutto si serra.
È bella la campagna oltre il costume: 232E bellissimo è l’anno e ’l cielo e ’l lume.