Così i nocchieri nell’oceano perdono,
In notte involti, a mezzodì le tracce:
Veggon la morte, e invan grida disperdono, 92Alzando al sordo ciel le bianche facce:
Or sale il flutto agli astri e ne rinverdono;
Or par che aprir l’Inferno a lor minacce;
Or fuggono la morte, ed or la chiamano: 96Che di fuggir da tante morti bramano.
E perchè sia più vasta e più sicura
La strage, di sua bocca apre la puzza;
E vomita il demon nube si oscura, 100Che i pochi rai del dubbio di rintuzza:
Via non trova alla fuga la paura.
Che invano per veder l’occhio s’aguzza:
L’aria mena tempesta; e van mugghiando 104Fulmini e venti; e cade orrida grande.
Di mezzo al sen de le tenebre orrende,
Vivida luce all’occhio allor mi giunge.
Cessa e ritorna, e a spessi lampi fende 108L’orror che dietro lei si ricongiunge:
Qual fuor de la campal polvere splende
Brunito acciar’ e guerra annunzia lunge.
M’accosto al lume: e veggo avvolto in esso 112Uom che a fuggir la selva rea s’è messo.
Ha scudo in man di solido adamante;
E con quel, giorno fa dove lo gira:
Con quello il buon cammin scopre d’avante; 116Con quel de’ mostri copresi dell’ira:
Muove al fuggir quanto più può le piante;
E sul vicino Olimpo si ritira;
Ma tal gli fanno i mostri aspra battaglia, 120Che avrà molto a sudar prima che saglia.
Fuor che lo scudo arme non ha d’intorno,
Con che difenda sè, con che ferisca;
E benchè ov’ei rivolge il vivo giorno, 124Abbagliato ogni fer cada e languisca;
Pur tanto fan di qua di là ritorno
I mostri a lui, che assai la vita arrisca:
Spesso con quello ancor egli ha percosso, 128E fatto l’ha di brutal sangue rosso.
Onde segue minore il chiaro effetto,
Quando lo volge ad abbagliar le viste;
Però a percoter più si vede astretto, 132Che omai ciascuno al lume suo resiste.
Il diamante durissimo e perfetto
Fa sempre al suo cader le belve triste;
E dopo molti colpi par che un poco 136Siasi sgombrato in quella parte il loco.