Miser chi sceglie di restar quaggiuso,
Per ostinato amor di sua condanna;
E l’ale avendo di salir lassuso 44Vuol quell’aura abitar che si l’affanna!
Di Lete il miser ha sopore infuso;
Sogno infernal con vane ombre l’inganna:
Da l’ultimo dei mal chi l’assecura, 48S’egli a mina sua primo congiura?
A piè del monte in ogni lato intorno
Amplissima si stende orrida selva,
In cui teme d’entrare il puro giorno; 52Sol fioca e smorta luce qui s’inselva.
Al suo barlume appare aver soggiorno
E tana quivi ogni più cruda belva.
Mille facce crudeli e mille mostri, 56D’unghie armati, di corna e zanne e rostri.
Con faville focose il drago fischia;
Mugge orribil leon da cavo speco;
L’aspide di veleno il suolo invischia; 60Fulmina il basilisco il guardo bieco;
Il lupo col cinghial fa cruda mischia;
Già stanca d’ulular si sente l’eco:
Non son per tutto il bosco a correr tardi 64Orsi, pantere, tigri e leopardi.
Di questa selva in sulla nuda sabbia,
Nudo esce all’aria ogni mortal che nasce.
Quivi nate al dolor schiude le labbia, 68E del pianto d’Adam riga le fasce;
Se cresce, pur si duol che in dura gabbia
Chiuso è con tante fere: e se d’ambasce
Non muor, viver lo fa destin peggiore, 72Perchè duri più lungo il suo dolore.
Con l’animo di duol trafitto ed egro,
I crudeli pericoli mirava.
Sorgea col viso affumicato e negro, 76Il cornuto Demon da bassa cava:
Fuora repen lo in torte spire integro,
Della coda lo strascino tirava.
Ei viene, e punge, e stuzzica ogni belva, 80A più danno dell’uom, nell’ampia selva.
Qui fu ch’io vidi ed unghie agute e scane
Mille, in un tempo, ai miseri avventarsi;
E tornar rosse dalle membra umane, 84E rosso il suolo in vaste macchie farsi,
Chi fugge orsa crudel che non lo sbrana.
Di morso viperin sente gelarsi;
E va a trovare ampio dragon da l’ale 88Col tossico, colui che un albor sale.