Son mire sue de’ regi stimolar nel petto di falsa
Religion lo zelo, e di Giove pei tempi cadenti:
Anzi pur indomite passion, senz’ombra di causa,
Sospetto, e gelosia di regno; crudelissima peste 45Ch’ebbra di morti, nè giammai sazia, cinge
Con freddo amplesso i sogli nel sangue nuotanti.
Questo timor d’Erode or medita propagar ne’ monarchi;
Pur come se colui che a donarne il regno paterno
Venne, volesse i regi balzar da la bassa potenza. 50Or perchè armi abbian li tiranni all’orride morti
Dei cultor di Dio, fierissime mille diverse,
Il drago d’Inferno co’ fedei compagni si porta
A fabbricarle loro. Ahi misero! ei quel tempo peranco
Non scorge dove l’arme sue, prima dolci cotanto, 55E di lodi alta cagione ai martiri forti di Cristo
Vedrà ne’ templi loro pender per un altro trionfo. Dunque dall’inferno, alzatosi con vasta famiglia
D’atti ministri sui, Satanasso ne l’Etna si caccia,
Per la superna buca, d’onde esce la negra favilla. 60Per lo fumo scendon penetrando ne l’ignee grotte,
I Ciclopi orrendi, già di fabbri assunta la forma;
Membra gigantesche con vasta altezza di corpi.
Pendon i magli gravi da le cinture: parte di quelli
Il ferro a incrudelir porta, vasi d’onde d’Averno 65E d’Acheronte fero, che di dannate lagrime cresce.
Scelsero questo loco, per aver li metalli da presso;
E nuove continue del buon successo de l’opra,
Quando presentasser d’infernal tossico pieni
I fatti ordigni per strazio dei martiri sacri 70Ai duri carnefici d’infernal tossico pieni.
Già quivi pur da loro prove mille ai tempi vetusti
Fatte s’erano, quanti di spasimo, quanti di morte,
Ordigni in bronzo o in ferro fare l’arte potesse.
In quel tempo fue, se fede ai racconti si preste, 75Che da furor bestiai spinti, la Trinacria terra
Scorse i tiranni suoi, e pianse: chè de’ figli le membra
Con strazio mai sempre nuovo lacerarsi dinanzi,
E segnar si vedea misera con morti nefande
I dì sanguinei; e crudel da le genti chiamarsi. 80Fu dentro all’Etna, che prima squagliossi e si formò
Da ferrai Demoni quel mugghiante igneo tauro,
Che di Perillo poi ne le man passando e de l’altro,
Dei miseri ardenti gravido voci taurine sempre
Rendeva per gemiti; e come pur giustizia volle, 85Da’ due suoi signori trasse il primo e l’ultimo mugghio.
L’officina or riapre la crudel densissima turba,
Cresciuta in numero; sgombran le roventi caverne
Dai caduti massi, e in fondo fanno ampia piazza:
E prima per decreto di chi regge, a squillo di tromba